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Debussy: Preludes and Images (CD Piano Classics - Alessandra Ammara, 2016)

 

 

Claude Debussy è, con Maurice Ravel, il più importante compositore francese e uno dei principali “padri” del Novecento musicale europeo. Personalità fortemente anticonvenzionale, ha saputo creare uno stile proprio e assolutamente nuovo, imperniato su una concezione del timbro visionaria e indipendente dalle logiche formali e armoniche tradizionali. Anche nell’ambito pianistico il lascito di Debussy ha una rilevanza notevole. Il suo pianismo, indirettamente plasmato sull’esempio di Chopin, è radicalmente innovativo e si integra con la sua personale concezione del suono. L’osservazione della natura, in chiave simbolista più che impressionista, è un elemento fondante della poetica di Debussy, come egli stesso dichiarò: «La musica è una matematica misteriosa i cui elementi partecipano dell’Infinito. Essa è responsabile dei movimenti delle acque, del gioco delle curve descritte dalle brezze mutevoli; niente è più musicale di un tramonto. Per chi sa guardare con emozione, la più bella lezione di sviluppo, scritta in quel libro letto non abbastanza assiduamente dai musicisti, è la Natura».

 

Nato a Saint-Germaine-en-Laye nel 1862, Debussy ebbe una formazione musicale alquanto varia e travagliata, subito evidenziando la sua insofferenza per l’accademismo. Studiò pianoforte con un’allieva di Chopin, organo con César Franck e composizione con Ernest Guiraud. I suoi primi frutti compositivi non riscossero apprezzamenti unanimi e furono aspramente criticati, specie da chi li giudicava con criteri estetici tradizionali. Nel 1884, al terzo tentativo, Debussy vinse l’ambìto Prix de Rome, che gli valse una residenza a Villa Medici a Roma dal 1885 al 1887. Più importante fu, però, l’incontro con le opere di Wagner a Bayreuth nel 1889. Malgrado egli non lo ammettesse, l’innovativa sensualità armonica wagneriana esercitò certamente una profonda influenza sulla definizione della sua poetica. Un’altra ricca fonte di ispirazione fu per Debussy la musica giavanese, i cui timbri (specie quello del gamelan) egli cercò di ricreare anche al pianoforte. Il fascino dell’esotico era peraltro un elemento comune a molti artisti francesi di fine Ottocento. Il più affine a Debussy, ancor più di Mallarmé e Baudelaire, fu il poeta Paul Verlaine, che condivideva uno sguardo sulla classicità al contempo distaccato e malinconicamente ironico. Dopo il ritorno da Roma Debussy si immerse nella vita bohémienne parigina, conducendo anche una condotta sentimentale alquanto burrascosa, che apparentemente contrasta con l’incantata lucidità e la sospesa magia della sua musica. Dopo una lunga relazione clandestina con Banche Vasnier, moglie di un ricco avvocato di Parigi, Debussy convisse con Gaby Dupont, mantenendo contemporaneamente una relazione con la cantante Thérèse Roger. Gaby, poi abbandonata alla volta di una modella, Lily Texier, tentò (invano) il suicidio. Ma qualche anno dopo fece altrettanto la stessa Lily sparandosi un colpo di pistola quando Debussy la lasciò, in favore di Emma Bardac, già moglie di un banchiere. Con Emma Debussy ebbe la sua unica figlia, chiamata vezzosamente Chou-Chou, a cui dedicò Children’s corner. Debussy morì nel 1918 a Parigi per un tumore all’intestino durante i bombardamenti tedeschi. Dopo un anno sarebbe morta anche la figlia Chou-Chou.

 

Il pianoforte riveste un ruolo importante nella produzione di Debussy. Attraverso le sue composizioni pianistiche possiamo seguire l’evoluzione dell’estetica dell’autore e cogliere la metamorfosi della concezione timbrica, che passa dall’approccio tardo-romantico dei brani giovanili, come il Nocturne del 1892, al linguaggio già del tutto personale delle Images, fino a giungere alle più radicali alchimie dei Préludes.

 

Il Nocturne presenta già alcune delle caratteristiche che diventeranno peculiare dello stile di Debussy. L'uso delle armonie è qui già finalizzato ad effetti coloristici: seppur ancora ancorato alle regole dell'armonia tonale (siamo nella chopiniana tonalità di Re bemolle maggiore), spesso le modulazioni servono all'autore per ottenere particolari ombreggiature. Si avvertono echi dello stile di Fauré (in particolare di alcuni dei suoi Nocturnes) e, in parte, anche di Scriabin, specie per una certa sensualità con cui Debussy plasma le frasi.

 

Il primo trittico di Images (prima serie), composto nel 1905, segna un nuovo traguardo nel pianismo di Debussy, ora sempre più intimamente legato alla sua concezione estetica simbolista. Reflets dans l’eau torna ad ispirarsi alle suggestioni poetiche dell’acqua, con sonorità distillate attraverso una sapiente gestione delle risonanze e dei suoni armonici del pianoforte. L’acqua è qui evocata simbolicamente non tramite ri-creazioni onomatopeiche, ma con allusioni quasi metaforiche. La liquidità dei suoni acuti è immersa in arpeggi al contempo luminosi e morbidi. Acqua, dunque, non come oggetto descritto, ma come specchio che riflette luci e colori, filtrandoli in senso fotografico attraverso la propria increspata e mobile superficie. Hommage à Rameau ritorna alle suggestioni del Barocco, ora in forma ancor più soggettiva e interiorizzata rispetto agli esempi precedenti. Mouvement indaga le potenzialità cinetiche ed evocative della ripetizione costante di un singolo elemento. Ben lungi da esiti materialmente minimalisti, qui la reiterazione di un piccolo pattern di tre note dà vita a disegni soffici e annebbiati. Non stordisce l’ascoltatore, ma lo trasporta dolcemente in dimensioni altre.

 

I 24 Préludes sono il massimo capolavoro pianistico di Debussy e nel loro complesso costituiscono una sorta di manifesto poetico ed estetico del suo peculiare percorso creativo. Scritti tra il 1909 e il 1913, raggruppati in due libri di 12 Préludes ciascuno, presentano una radicalizzazione dei principi formali e strumentali che Debussy andava raffinando negli anni. La costruzione della forma mediante pannelli giustapposti è ora applicata in modo sistematico e la definizione timbrica di tutti i minimi elementi che costituiscono il discorso musicale è curata a livelli maniacali. Lo stesso autore aveva descritto questo suo peculiare metodo di elaborazione formale: «Non è possibile determinare una parentela con le forme prestabilite, per così dire amministrative; tutto ciò si regge e si compone mediante piccoli tocchi successivi, congiunti da un nesso misterioso e da un dono di luminosa chiaroveggenza». L’attenzione alla natura come principale fonte d’ispirazione è qui di primaria importanza, anche nell’ottica di dar vita a forme “organiche”, plasmate sull’esempio degli organismi viventi, in opposizione alle strutture artificiali e quadrate, cristallizzate dalla tradizione musicale antecedente. Nello scegliere il titolo di 24 Preludi Debussy fa implicito riferimento ai grandi esempi del genere nella storia della letteratura pianistica: i 24 (x 2) Preludi e Fughe del Clavicembalo ben Temperato di Bach e i 24 Preludi di Chopin. Effettivamente, tracce di Bach, e di Chopin sono in qualche percepibili nel linguaggio dei Préludes: deriva da Bach la trasparenza della filigrana musicale e la lucidità del gioco polifonico, qui divenuto anche politimbrico; è invece chopiniana la fantasia visionaria che anima la ricerca timbrica e armonica. Preludi a cosa? Al titolo, si potrebbe dire. I Preludi di Bach e di Chopin non avevano titolo. Quelli di Debussy ce l’hanno, ma “a posteriori”, nel senso che esso è indicato tra puntini sospensivi al termine di ciascun brano, come se l’autore non avesse voluto condizionare l’interprete. Eppure i titoli sono quanto mai evocativi e pregnanti, anche se in alcuni casi si prestano a multiple interpretazioni. È il caso di Voiles, che può significare “vele” o “veli”: rimane l’idea di movimenti fluttuanti e morbidi, inscritti peraltro in una gabbia politimbrica di estrema definizione. Minstrels non si riferisce ai medievali menestrelli, bensì all’omonimo genere di spettacolo teatral-musicale diffuso in America nel 19mo secolo e che Debussy probabilmente conobbe durante il suo viaggio in Inghilterra. Ritroviamo anche nei Préludes numerosi riferimenti ad ambientazioni esotiche, medievali o mitologiche, come Danseuses de Delphes (Danzatrici di Delfi). Rientra tra i soggetti leggendari anche la Cathédral Engloutie. ispirata alla leggenda della cattedrale sommersa al largo dell’isola di Ys, che in alcune mattine riemergerebbe dalle acque, facendo risuonare canti di preti e rintocchi di campane. Qui Debussy è geniale nel ricreare la sepolta solennità della cattedrale: una tema di corale in accordi immerso in un letto di arpeggi gravi gradualmente emerge, conducendo alla sua intensa e fatale riapparizione in fortissimo, per poi di nuovo sprofondare nei registri più profondi. Tra i Préludes non mancano esplicite allusioni ad oggetti o fenomeni naturali, come il vento, le nebbie, i paesaggi rurali cari all’autore: Le vent dans la plaine, Les collines d'Anacapri, Ce qu'a vu le vent d'ouest, Des pas sur la neige. Suggestioni derivate da soggetti letterari o pittorici si trovano in «Les sons et les parfums tournent dans l'air du soir» (un verso della poesia “Harmonies du soir” di Baudelaire) e in La fille aux cheveux de lin, che traspone in musica la bellezza pura e mistica di un dipinto preraffaellita. Le soluzioni tecniche sono di incredibile modernità, giocando su effetti di profondità spaziale del suono e di distanze contrapposte che anticipano i traguardi raggiunti da autori del secondo Novecento nell’ambito della spazializzazione del suono.

 

Roberto Prosseda