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Intervista con Pierachille Dolfini, Avvenire, 23/2/2013

Una sera suona Mendelssohn, il suo cavallo di battaglia tanto che sta incidendo l’opera omnia per tastiera del musicista. L’altra può capitare di trovarlo al pianoforte ad accompagnare Elio in una delle sue incursioni nella musica classica. Tra un appuntamento e l’altro, poi, la registrazione di un programma radiofonico, una lezione sul piano-pédalier – singolare strumento, un pianoforte che si suona con mani e piedi, che stasera illustrerà su Tv2000 nel programma Cose di musica –, un concerto per il cartellone di Donatori di musica.

A Roberto Prosseda la musica classica sembra stare stretta. «Direi piuttosto che mi sta stretta – racconta il trentaseienne pianista di Latina – l’etichetta che si mette alla musica definendola classica. Beethoven e Chopin quando componevano non pensavano: "Sto scrivendo un brano di classica". Per loro quello che facevano era una rivoluzione». Per questo Prosseda preferisce distinguere la musica in «forte e debole. Ecco perché frequento volentieri jazz e rock. A me interessa la musica che sa scavare nel profondo di chi ascolta. E mi interessa condividere, perché lo ritengo un dovere etico verso il pubblico, ciò che ho la fortuna di scoprire per primo». Lo fa nelle sale da concerto.

Ma anche negli ospedali. «Dal 2007 sono impegnato nella rete Donatori di musica, un gruppo di musicisti, medici e infermieri, tutti volontari, che organizza e gestisce stagioni di concerti nelle corsie di degenza. L’idea è nata nel reparto di Oncologia di Carrara e progressivamente ha coinvolto altri ospedali. Portiamo la musica in corsia, nei luoghi dove quotidianamente si incontra la malattia, ma chiediamo ai pazienti di togliere il pigiama e di vestirsi come se stessero andando a teatro. La dimensione dell’ascolto comune fa trovare nuovi motivi per andare avanti».

Prosseda è convinto che la musica «non vada tenuta sotto una campana di vetro, ma fatta vivere. Di fronte alla diffusione di nuovi canali di fruizione noi musicisti dobbiamo organizzarci. L’immagine del pianista impettito che sale sul palco in frac è fuori tempo. Dobbiamo cambiare. Io rispondo personalmente alle mail e ho un profilo Facebook. Internet, se non è usato per isolarsi, è un ottimo mezzo. Le mie incisioni in mp3 o su Youtube? Io registro per condividere quello che faccio e se queste sono modalità che fanno arrivare il messaggio a più persone perché non utilizzarle?».

Casi come quelli di Giovanni Allevi o del cinese Lang Lang piaceranno, allora, al pianista. «Da Allevi c’è da imparare perché è stato bravo a creare un canale di comunicazione. Rispetto il successo che ha, ma da qui a dire che è il nuovo Mozart ce ne passa. Lang Lang ha saputo gestire la sua immagine dando visibilità al repertorio. Ma a me continuano a piacere i pianisti con spessore e profondità come Radu Lupu che, magari, non fanno il concerto perfetto, ma nell’imperfezione di una nota ti trasmettono una grande emozione».

Guardando in casa nostra Prosseda si dice «fortunato perché, tra le centinaia di pianisti che abbiamo in Italia, sono uno dei venti che riesce a vivere del suo lavoro. Non condanno i tagli al Fus perché ci sono degli sprechi che è giusto arginare. Ma il rischio è che organizzatori e musicisti lascino progetti culturalmente alti per dedicarsi a eventi che consentano di far cassa per sopravvivere».