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Interviste
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Un nuovo progetto mozartiano è sempre fonte di curiosità. E il suo Mozart presenta qualche particolarità, prima fra tutte la scelta del temperamento Vallotti. Vuole spiegare di cosa si tratta e le ragioni di questa scelta?
Al tempo di Mozart, gli strumenti erano accordati diversamente rispetto ad oggi. Ciò riguarda sia l'altezza delle note, ora basata sul La a 440 o 442 Hz, e che a fine Settecento era molto più variabile e comunque più bassa (poteva oscillare tra i 415 e i 432 Hz), sia il temperamento, ossia i rapporti intervallari tra le note. Oggi siamo abituati ad ascoltare i pianoforti accordati con il moderno temperamento equabile, che si è lentamente diffuso a partire dall'inizio dell'Ottocento, e che si basa sulla divisione dell'ottava in dodici semitoni uguali: soluzione molto pratica, perché consente di suonare in tutte le tonalità senza problemi di intonazione, ma che in realtà si allontana maggiormente dall'accordatura “pura” degli intervalli, ossia quella basata sui suoni armonici.
Nel Settecento, invece, gli strumenti a tastiera erano accordati con ottave e quinte pure, almeno per quanto riguarda le note su cui si inizia ad accordare. Il problema è che non si possono accordare tutti gli intervalli in modo “puro”, poiché le quinte e le ottave pure non si sovrappongono (non hanno un minimo comune multiplo), e per farle “coincidere” è necessario un piccolo aggiustamento: il temperamento, appunto. I temperamenti inequabili sono quelli che presentano alcuni intervalli puri, e altri maggiormente temperati, consentendo così una maggiore varietà di colori tra le tonalità. Nel Settecento si tendeva a lasciare puri gli intervalli usati più spesso, quindi quelli relativi alle tonalità più frequenti, come do maggiore o fa maggiore, e a temperare di più gli intervalli presenti in tonalità di raro uso, come quelle con molte alterazioni in chiave. Ciò spiega perché Mozart non ha mai scritto nulla in fa diesis maggiore o in re bemolle maggiore (tonalità invece molto care a Chopin e Liszt), proprio perché con l'accordatura della sua epoca quelle tonalità suonavano strane, dissonanti, instabili. Ma proprio per questo, a volte Mozart sfiora certe tonalità negli sviluppi o nelle transizioni delle sue Sonate, proprio per dare un senso di struggimento o di frizione, dovuto proprio alla particolare accordatura. Il temperamento inequabile, come il Vallotti, consente, quindi, di avere un colore specifico per ogni tonalità, e ciò aiuta anche l'ascoltatore ad immergersi meglio nei luoghi emotivi che ogni tonalità evoca. Così le dissonanze sono molto più struggenti, e contrastano con il carattere luminoso e dolce delle consonanze. Il nostro orecchio purtroppo non è più abituato a percepire queste differenze, ma in pochi minuti un ascoltatore attento può riuscire ad apprezzare le sfumature offerte da una specifica accordatura. E un po' come nella dizione della lingua italiana: oggi si tende ad uniformare la pronuncia della é e della è, eppure si tratta di due suoni diversi.
Altrove ha dichiarato di avere scartato l’idea di usare un fortepiano perché troppo è il tempo che ci vorrebbe per padroneggiare lo strumento. Quali sono le principali difficoltà nel passare al fortepiano dopo anni e anni di pratica pianistica?
Il fortepiano ha una meccanica molto diversa dal pianoforte moderno, e certamente meno evoluta e precisa. La corsa del tasto è ridotta quasi ad un terzo, e la possibilità di variare le dinamiche è anch'essa limitata. Quindi bisogna condensare le intenzioni espressive in un range minore, e ciò, per chi come me è abituato alla gamma di sfumature del pianoforte, risulta difficile. È certamente anche questione di abitudine, ma ci vogliono vari anni per entrare in quel mondo espressivo e farlo proprio. Sto comunque iniziando a studiare sul fortepiano e non escludo, fra qualche tempo, di suonarlo anche in pubblico, magari in contesti comparativi con il pianoforte moderno. Penso sia importante, infatti, coinvolgere anche gli ascoltatori nel confronto tra strumenti diversi: è impressionante la differenza con cui la stessa sonata di Mozart viene resa su pianoforti di varie epoche. Sono molto attratto dalla filologia, che però, secondo me, non deve necessariamente ridursi alla mera ricerca della sonorità originale, ma dovrebbe indagare soprattutto le intenzioni poetiche dell'autore e trovare il modo più adeguato di renderle oggi, “traducendole” per l'ascoltatore moderno. Il punto è che se Mozart vivesse oggi, probabilmente non sceglierebbe di suonare le sue musiche su un fortepiano di 200 anni fa, se solo avesse la possibilità di provare le potenzialità di un pianoforte moderno. Per contro, è pur vero che certi effetti timbrici della sua musica risultano incomparabilmente meglio sugli strumenti d'epoca, e nella mia incisione, realizzata su un gran coda Fazioli nuovissimo, ma accordato con il temperamento Vallotti, ho cercato di ricrearli. Ho quindi adottato una tecnica diversa da quella tipica del pianismo moderno: ho utilizzato la parte più sottile del dito, spesso suonando anche con le unghie, per ricreare la durezza del martello di pelle dei fortepiani di fine Settecento, che dava un suono più chiaramente articolato. Ho curato molto la pronuncia di ogni frase, basandomi sulle articolazioni indicate da Mozart in partitura: egli era molto preciso in tal senso, ed è importante rispettare le sue intenzioni di “dizione”, differenziando adeguatamente il legato, il non legato, il portato e i vari tipi di staccato che egli indica minuziosamente nei suoi manoscritti. Oggi abbiamo la fortuna di accedere a molte fonti originali, e di avere edizioni affidabili, come la Neue Mozart Edition (NMA) della Baerenreiter, ora disponibile anche gratuitamente online.
Lei è il primo italiano a intraprendere l’integrale delle sonate di Mozart. A scorrere le discografie ufficiali, sembra in effetti che il sonatismo mozartiano sia guardato (con qualche notevole eccezione) con una certa diffidenza. Ci ha mai riflettuto? Si è dato qualche spiegazione?
Ho scelto di dedicarmi a Mozart, dopo aver completato l'integrale pianistica di Mendelssohn, anche perché la sua musica pianistica è effettivamente poco incisa, almeno rispetto a quella di Beethoven o Schumann, e anche rispetto ai suoi stessi Concerti per pianoforte e orchestra. Ciò, curiosamente, vale anche per la musica pianistica di Mendelssohn. Il motivo è forse lo stesso: sia Mozart che Mendelssohn hanno una scrittura di particolare finezza e trasparenza, e richiede una speciale cura delle accentuazioni e delle articolazioni. Ciò vale soprattuto in sede di incisione, in quanto i microfoni possono cogliere ogni minima sfumatura, e mettere in risalto pregi e difetti di un'interpretazione. Per me è un'ottima occasione di crescita, per affinare ulteriormente la varietà espressiva e l'approfondimento dei contenuti poetici. Va comunque ricordato che esistono bellissime incisioni delle Sonate di Mozart, come quelle storiche di Arthur Schnabel, Edwin Fischer e Lili Kraus, e, tra le più vicine a noi, quelle di Andràs Schiff e Christian Zacharias. Ho deciso di intraprendere questo progetto con l'intenzione di offrire un'alternativa nuova rispetto a queste grandi incisioni, con una lettura che unisca l'attenzione filologica alla varietà espressiva data anche dall'accordatura non equabile e dalla particolare sonorità del pianoforte Fazioli.
Per Decca ha inciso l’integrale della musica per pianoforte di Mendelssohn. Ora arriva l’integrale mozartiana, che si completerà in un triennio. Ci sono altre integrali in progetto o che accarezzano la sua fantasia?
Vorrei tornare a dedicarmi a Charles Gounod (1818 - 1893), compositore ancora da riscoprire per la sua produzione cameristica, e che considero, per certi versi, il Mendelssohn francese. Di Gounod ho inciso nel 2012 i suoi brani per piano-pédalier e orchestra. Ho appurato che non esiste una incisione completa della sua musica pianistica, che è racchiusa in due CD, e spero di occuparmene presto. Poi, prima o poi, vorrei incidere l'opera per piano-pédalier di Alkan, anche questa mai incisa finora (a parte tre brani presenti nel mio DVD “Pedal Piano Recital”), ma richiede un tempo di studio di parecchi anni per poterla affrontare al meglio.
Domanda di rito: quali sono i CD che porterebbe sull’isola deserta?
Tutte le incisioni di Ignaz Friedman, pianista polacco vissuto nella prima metà del Novecento, che considero tra i più grandi artisti di sempre.