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Interviste
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Dal 14 novembre su Classica HD andranno in onda, il lunedì sera nel genere “Notevoli”, le master class di pianoforte tenute da Roberto Prosseda a Villa Sandra, sul Lago Maggiore. Il progetto prevede dodici lezioni di alto perfezionamento tenute a sei giovani promettenti allievi. Le prime sei lezioni saranno trasmesse con cadenza quindicinale da novembre a gennaio 2017, mentre le restanti nella primavera del 2017.
Per l’occasione, abbiamo incontrato il maestro Prosseda, pianista di fama internazionale, didatta e grande divulgatore.
Non ricordo quale famoso pianista (forse Arthur Rubinstein?) disse che non si era reso conto della difficoltà di suonare il pianoforte fino a quando non aveva provato a insegnarlo. È davvero così ardua l’impresa?
Io capovolgerei il punto di vista: sono gli allievi che mi hanno insegnato a suonare meglio, rendendomi più facile l'impresa. Proprio da quando ho iniziato ad insegnare, infatti, sono stato “costretto” dagli studenti ad approfondire con maggiore consapevolezza i principi musicali e tecnici della performance, scoprendo molti aspetti di cui prima non ero cosciente. Ogni allievo ci dà occasione di ripensare alle nostre convinzioni pianistiche e musicali, ci insegna a non dare nulla per scontato e ad esaminare altre possibili soluzioni interpretative.
L’eloquente titolo delle sue master class è “Dentro la musica”. Ci può dire comunque qualcosa di più a proposito?
Il titolo “Dentro la musica” mi piace molto, perché pone l'accento sull'importanza dell'immergersi all'interno della partitura per scoprirvi il messaggio lasciato dal compositore. Se il pianista non è “dentro la musica”, non potrà coinvolgere chi lo ascolta. Vice versa, quando riesce a immedesimarsi con i contenuti emotivi di una composizione e a farli propri, saprà portare “dentro la musica” anche chi ascolta. In questo ciclo si parla molto di stati d'animo, di atteggiamenti espressivi, di drammaturgia e retorica. Del resto, ogni brano pianistico è un po' come un film: serve un ottimo regista, un direttore della fotografia, un buon cast di attori (ogni tema è un po' come un personaggio della narrazione): e tutti questi ruoli confluiscono nello stesso pianista, nello stesso momento. Per questo è così stimolante insegnare, scoprire con gli allievi questi aspetti del far musica.
Come ha scelto i sei giovani talenti che ascolteremo?
Sono tutti ragazzi che già conosco da diversi anni, che hanno frequentato con continuità i miei corsi di perfezionamento. Molti di loro sono già dei concertisti, hanno vinto premi importanti e hanno iniziato una carriera professionale. Hanno personalità molto diverse: mi piace incoraggiare ogni allievo a prendere coscienza della propria unicità, piuttosto che invogliarlo ad emulare un utopico modello esterno. Tutti sono stati entusiasti di questa esperienza, trattandosi per loro della “prima volta” in televisione. Suonare con quattro telecamere che registrano è certamente cosa ben diversa rispetto ad una normale lezione di pianoforte, e questo per loro è stato un momento di crescita e un'occasione per comunicare a tutti gli spettatori la loro arte, grazie anche alla raffinata regia di Pietro Tagliaferri. Ho un bel ricordo dell'atmosfera conviviale che si è creata durante i quattro giorni delle riprese, effettuate lo scorso marzo presso Villa Sandra a Lesa (Lago Maggiore), grazie alla squisita ospitalità del proprietario Massimo Marenzi. Fare musica in un ambiente così ricco di arte, con strumenti eccellenti (due pianoforti Steinway) e immerso un paesaggio mozzafiato è stato per tutti un vero privilegio. Le lezioni sono anche proseguite “fuori onda”, grazie ai seminari serali tenuti dal direttore d'orchestra Gian Andrea Noseda, dall'architetto Agostino Turba e dal cembalista e organista Claudio Brizi con il suo claviorgano, nell'intento di far vivere gli allievi “dentro la musica” a 360 gradi.
Una master class, si sa, si svolge nell’arco di qualche giorno. Avendo a disposizione così poco tempo, come concepisce le sue lezioni?
Ogni lezione è stata dedicata ad una specifica composizione della durata di 5-10 minuti. Ho fatto sempre eseguire all'allievo il brano all'inizio, per capire la sua concezione della struttura e della narrazione. La lezione non si deve tramutare in una serie di istruzioni date dal docente “a scatola chiusa”, ma deve mantenere una costante interazione con la sensibilità dell'allievo. Per questo spesso pongo delle domande ai pianisti, stimolandoli a prendere coscienza della loro concezione del brano, e aiutandoli ad esprimerla al meglio. Mi piace, inoltre, far leva sulle metafore di ordine fotografico e narrativo: spesso nelle lezioni si parla di “profondità di campo” tra il tema e l'accompagnamento, di “messa a fuoco” di un determinato profilo melodico, di distanza temporale e spaziale dei temi. Il pianoforte, infatti, è anche una macchina del tempo, in quanto può “ambientare” un tema nel presente, nel passato o nel futuro, definendo anche il contesto in cui esso appare (realtà, sogno, ricordo, speranza, illusione). Cerco anche di stimolare l'immaginazione timbrica degli allievi (e degli ascoltatori), invogliandoli ad evocare suoni di altri strumenti o della natura e individuando un preciso gesto tecnico che consenta di ottenere l'idea di suono che hanno in mente. Non mancano, infine, riferimenti alla gestualità e al linguaggio del corpo, con cui spesso possiamo comunicare anche cose apparentemente impossibili alla tastiera. Ciò vale, ad esempio, per la gestione delle pause: anch'esse possono essere in crescendo o diminuendo, accelerando o rallentando. Il gesto, inoltre, consente di far pregustare all'ascoltatore un determinato stato emotivo o un effetto timbrico. Possono sembrare aspetti superflui, eppure risultano quanto mai importanti per immergersi nella musica e comunicarla al meglio.
Quale rapporto la lega ai suoi allievi?
Il mio rapporto con gli allievi è senz'altro “libertino”, nel senso che rifiuto il concetto di “fedeltà al maestro”. Credo che ogni maestro debba rispettare il diritto degli allievi, una volta acquisita la formazione di base, di fare esperienze didattiche diverse, proprio per trovare la propria dimensione attraverso il confronto con altri approcci e punti di vista. Quasi tutti i miei allievi studiano anche con altri docenti, e io mi preoccupo seriamente quando noto in uno studente dei tentativi di emulazione o una eccessiva dipendenza dal maestro. L'obiettivo di una lezione, del resto, non deve essere quello di produrre un clone, ma, al contrario, di stimolare alla ricerca di risultati artistici autentici e, perché no, innovativi e non troppo prevedibili. Non mi piace neanche l'approccio autoritario che alcuni docenti della vecchia scuola vantavano: piuttosto, cerco di pormi con gli studenti come una sorta di fratello maggiore, con cui scoprire insieme aspetti ancora inesplorati di una composizione o del far musica.
Che cosa l’appassiona di più dell’insegnamento?
La più grande soddisfazione è vedere l'entusiasmo di un allievo che scopre da solo qualcosa che neanch'io avevo ancora notato. La cultura e l'arte musicale, del resto, non sono un patrimonio da possedere, ma qualcosa che appartiene già a tutti. Mi piace molto la metafora usata da Daniel Pennac, che considera gli insegnanti come dei vettori di cultura, dei fusibili che si infiammano per la bellezza della musica e che contagiano gli allievi con il loro entusiasmo. “Non essendoci l’idea di possesso – dice Pennac – siamo oltre il principio della condivisione: tutto quello che imparo, tutto quello che scopro, se mi piace e mi dà emozioni, ecco che scelgo di fartelo conoscere perché possa incantare e arricchire anche te.”.
A che pubblico si rivolgono queste sue lezioni?
Questo ciclo è stato pensato per diverse tipologie di spettatori: sia per un pubblico di esperti del settore, sia per i semplici appassionati. I pianisti, siano essi studenti, amatori o didatti, troveranno in queste lezioni molti spunti di riflessione, seguendo anche gli aspetti più specificatamente tecnici, e, spero, scoprendo anche un modo non scontato di concepire l'insegnamento della musica. Ma anche tutti gli altri appassionati di musica, che credo costituiscano la gran parte del pubblico di Classica HD, avranno occasione di entrare nel laboratorio in cui nasce un'interpretazione musicale, scoprendo aspetti spesso nascosti e “privati” del lavoro quotidiano dei concertisti. Sarà stimolante vedere come un'esecuzione al pianoforte possa radicalmente trasformarsi in pochi minuti di lezione, e scoprire come a volte basti una maggiore consapevolezza degli stati d'animo da evocare, per scoprire nuove potenzialità artistiche rimaste magari ancora sopite. Dopo tutto, le master class servono anche a questo: a far trovare ad ogni allievo, attraverso il confronto con l’esterno, il grande artista che è già dentro di lui. E spero, nel nostro caso, anche a trasformare uno spettatore comune in un ascoltatore di musica più consapevole e appassionato.