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Interview with Francesco Bonerba, Suono, May 2015

Hai scelto tu il pianoforte o è stato lui a sceglierti? Raccontaci la genesi della tua passione musicale.

È stato un incontro molto naturale. Non c'è mai stato (ancora) un momento in cui ho coscientemente “deciso” di fare il pianista. Ma già a tre anni mi piaceva giocare col pianoforte, era per me un giocattolo un po' più grande degli altri. E per certi versi lo è ancora...Del pianoforte mi ha sempre affascinato l'integrazione di meccanica e alchimia del suono: un complesso sistema di leve che emette sonorità non riproducibili artificialmente e sempre diverse, in base alla mano e al mood del pianista. Sono anche sempre stato attratto dall'hi-end. E considero il pianoforte (acustico, s'intende) uno dei più perfetti sistemi hi-end, dove alta fedeltà significa, appunto, suono naturale e in armonia con l'ambiente e con il musicista.

Qual è il contesto più emozionante in cui hai suonato e l’esperienza professionale che ricordi con maggior piacere?

Ho avuto la fortuna di viaggiare, grazie alla musica, in mondi molto diversi fra loro. Mi sono rimasti più impressi i contesti insoliti o periferici: indimenticabili i recital a Samarcanda o a Chita, in Siberia. Ma anche gli speciali concerti di “Donatori di Musica”: suonare per cinque pazienti in un reparto di oncologia è più emozionante e intenso che esibirsi in un grande e prestigioso teatro. Penso sempre di più che la vera “fedeltà” alla musica si raggiunga più facilmente in ambienti informali, dove siamo più liberi da condizionamenti esterni e dal bisogno di dimostrare qualcosa: così riusciamo a creare una più intensa condivisione della musica. L'artista, a mio parere, non deve mai essere al centro, ma è uno dei tanti anelli di quella catena che unisce, tramite la musica, il compositore all'ascoltatore tramite il musicista e lo strumento.

Tre nomi: l’autore che più ami interpretare, il musicista contemporaneo che ammiri maggiormente e quello con cui sogni di duettare.

L'autore che più amo interpretare: in questo momento, Mendelssohn, forse perché, avendone suonato e inciso tutta la musica, ho avuto modo di entrare di più nel suo mondo. Ma non vedo l'ora di affrontare più organicamente Mozart, di cui a breve inizierò l'incisione di tutte le Sonate per pianoforte. Tra i musicisti contemporanei, ammiro molto Antonio Pappano e Riccardo Chailly: con quest'ultimo ho già avuto l'onore di suonare, anche di incidere un CD, ed è stata un'esperienza che mi ha molto arricchito e fatto crescere. Parlando di duetti, mi appassionano gli incontri insoliti. Chissà che un giorno non potrò far musica insieme con Bobby Mc Ferrin...

Quanto è importante, secondo te, l’insegnamento della musica nelle scuole e cosa miglioreresti del “sistema conservatorio” italiano?

Oggi più che mai è fondamentale riproporre la musica come fondamento della nostra cultura. L'opera è nata in Italia, il pianoforte anche, la musica ha sempre parlato italiano! Eppure oggi pochi nostri connazionali considerano la musica come una parte importante della loro identità. Bisogna certamente ripartire dalla scuola, proponendo un'educazione all'ascolto, prima ancora che alla storia della musica, per restituire ai giovani e ai bambini l'attitudine a riconoscere le differenze nei suoni e a comprenderne i significati emotivi. Anche per questo cerco, nel mio piccolo, di adoperarmi per “spiegare” la musica al pubblico, sia per radio (con le “Lezioni di Musica” su Radiotre, tutte scaricabili in podcast), sia dal vivo. Quanto ai Conservatori, credo che potrebbero esprimere meglio il loro potenziale se la Riforma (approvata con la legge 508 del 1999 ma ancora non del tutto attivata) consentirà una selezione dei docenti basata sul merito e sui risultati effettivi del loro lavoro, anziché, come attualmente accade, soltanto contando gli anni di servizio.

Nel 2013 hai scritto un libro di carattere divulgativo, Il pianoforte, e nelle tue esibizioni ami avere un contatto diretto con il pubblico. Qual è, secondo te, il messaggio di cui la musica classica, oggi, può farsi portavoce?

Saper ascoltare e capire la grande musica porta ad un profondo affinamento della sensibilità, che ci aiuta a vivere meglio, più consapevolmente e più intensamente. Se questo lo capissero anche coloro che gestiscono le sorti dell'istruzione scolastica, sarebbe già un passo avanti. Una società in grado di “ascoltare” è anche una società più libera, che cerca l'armonia e non la prevaricazione, che preferisce il bene comune al privilegio di pochi.

Negli ultimi anni hai spesso adoperato nei tuoi concerti uno strumento particolare, usato da Mozart e amato da Schumann, di cui poco si conosce: il piano-pèdalier. Come mai questa scelta?

Mi hanno sempre attratto le musiche di raro ascolto, i tesori nascosti in attesa di una riscoperta. Questa curiosità mi ha portato prima ad esplorare il repertorio pianisitco italiano del Novecento (Petrassi, Dallapiccola, Scelsi, Caetani), poi Mendelssohn, e ora anche il repertorio per piano-pédalier, che è rimasto nascosto anche per l'oggettiva mancanza dello strumento con cui suonarlo. La scintilla che mi ha dato la voglia di cimentarmi nell'apprendimento di un nuovo strumento è stata la scoperta del manoscritto del Concerto di Charles Gounod per pedalpiano e orchestra, nel 2010. Mi è parsa una partitura degna di essere riproposta, per cui è valsa la pena anche imparare la tecnica della pedaliera e fare costruire un modello moderno di pedalpiano, che ho commissionato all'organaro Claudio Pinchi nel 2012, e che da allora uso abitualmente nei miei concerti.

Da qualche tempo è comparso al tuo fianco il robot TeoTronico, con cui ti esibisci. Cos’hai imparato dal confronto con questa macchina e in che misura la tua attività di musicista si è arricchita grazie alla sua presenza?

Mi servo del robot per valorizzare e far comprendere l'unicità dell'espressione musicale umana, che mai nessun robot o computer potrà sostituire. Oggi le giovani generazioni di nativi digitali hanno ricevuto un imprinting musicale in gran parte dai suoni midi o comunque elettronici, e credo quindi che sia fondamentale riportare l'attenzione sulla magia del suono acustico, sulla capacità di riconoscere e gustare anche i suoni armonici, come in un buon vino si apprezza il retrogusto e la persistenza. Tuttavia, TeoTronico non è un nostro nemico: anzi, da lui possiamo apprendere una sorta di onestà, di rispetto estremo per la partitura (anche se ciò, ovviamente, non corrisponde a rendere anche le intenzioni di un compositore), e la totale assenza di malafede. Diciamo che TeoTronico ed io abbiamo lo stesso obiettivo: essere più fedeli possibili alla musica, e fare del nostro meglio per farla rivivere dal vivo, ma i metodi e i risultati sono ben diversi! TeoTronico è per me anche una sorta di “cavallo di Troia”, che mi consente di attrarre l'attenzione di un pubblico (anche di giovanissimi) che altrimenti mai andrebbe ad ascoltare una lezione-concerto sull'interpretazione musicale, e che invece in tal modo è portato a scoprire la bellezza dell'ascolto consapevole della musica classica. Una simile finalità è anche alla base del mio progetto “Bianchi, Rossini e Verdi”, con Elio delle Storie Tese: anche in questo caso, Elio attira una grande quantità di pubblico, gran parte della quale non ha mai ascoltato dal vivo un concerto di arie d'opera, e che invece, grazie al carisma e all'ironia di Elio, è aiutato a scoprire la bellezza e l'intensità di questa musica.

Lo scorso 13 marzo, nello spettacolo “Lui, lei e l’altro” tenutosi alla Fazioli Concert Hall, tu e TeoTronico avete duellato a suon di musica classica per conquistare il cuore di Alessandra Ammara, tua moglie nonché eccellente pianista. Chi ha vinto?

Nella musica non ci sono vincitori e vinti: comunque, anche in quel caso, TeoTronico ha “attentato” alla mia posizione, provando a sostituirsi a me nel duo pianistico con mia moglie, ma dopo pochi minuti Alessandra non ha resistito e lo ha invitato, senza troppi indugi, a defilarsi e a lasciarmi il posto.

In un’intervista affermi che la tua occupazione preferita è “inventare forme nuove di condivisione dell’arte”. A dicembre, ad esempio, hai messo in scena a Napoli un “Ghost Concert” in cui si è esibito il fantasma di Rachmaninoff. Quali potenzialità può offrire, secondo te, il connubio tra musica e tecnologia?

La tecnologia può essere una grande risorsa per l'arte e per l'uomo, a patto di saperla gestire e controllare secondo le nostre esigenze, e di non farsi soggiogare da essa. Anche nel mondo dell'alta fedeltà può capitare di incontrare appassionati di Hi-end che ascoltano la qualità del diffusore in sé, e non la musica che esso diffonde. Ma se manteniamo come obiettivo la ricerca di un'espressione e di una fruizione musicale naturale e spontanea, le innovazioni moderne possono essere di grande aiuto.

Del futuro sempre più “liquido” della riproduzione musicale cogli più aspetti positivi o negativi?

Sono convinto che il formato liquido in sé non rappresenti affatto un limite o uno svantaggio, almeno quanto è garantita la qualità della registrazione e della riproduzione. Sono entusiasta, quindi, dei formati liquidi in alta definizione, mentre, naturalmente, non capisco perché molti appassionati di musica, e anche parecchi colleghi, ascoltino la musica prevalentemente dagli iphone o dal computer, con auricolari di scarsa qualità e senza rendersi conto della perdita di dettagli che così si determina. Credo, quindi, che sia importante far incontrare il mondo dei musicisti con quello dell'alta fedeltà: purtroppo in Italia sono spesso due ambienti separati e poco comunicanti. Recentemente ho proposto alla Fiera CremonaMusica, di cui sono artistic advisor, di inserire nelle prossime edizioni anche una sezione dedicata all'Hi-end. CremonaMusica è l'unica fiera in Italia dedicata agli strumenti musicali acustici, punto di riferimento mondiale per l'alta liuteria, che attira 15mila visitatori l'anno, e spero che presto possa essere occasione di incontro tra musicisti e costruttori e distributori di impianti Hi-end. Del resto, proprio come accade per i violini di liuteria, anche per conoscere e apprezzare le qualità di un impianto di alta fedeltà è fondamentale l'ascolto e il confronto dal vivo, e questo può avvenire in rarissime occasioni. Sempre a questo proposito, lo scorso 21 marzo alla Fazioli Concert Hall ho tenuto un seminario intitolato “REC N PLAY”, ideato da Ars Aures e Orange Systems, in cui quattro bravissimi giovani pianisti si sono confrontati con l'esperienza della registrazione e del riascolto: lo stesso brano è stato suonato dal vivo, registrato e subito dopo riascoltato attraverso un impianto di alta qualità: è stata una stimolante occasione di riflessione sull'importanza dell'ascolto e della presa del suono per una migliore esperienza di condivisione della musica.

A parte concerti in Paesi Bassi, Svizzera, Cina e Italia, quali sono i tuoi progetti (e desideri) futuri?

Procederò, come sempre, su più fronti. Sul versante discografico, completerò le incisioni della musica di Mendelssohn, incidendo, sempre per Decca, i Concerti per pianoforte e orchestra con la Netherlands Symphony Orchestra diretta da Jan Willem de Vriend, e le musiche per pianoforte a quatto mani con mia moglie, Alessandra Ammara. Nel frattempo, inizierò le incisioni delle Sonate di Mozart, usando un pianoforte dotato anche di pedali supplementari (sordino e liuto), per ricreare una sonorità al contempo moderna ma legata ai parametri timbrici che lo stesso Mozart aveva a disposizione. Sul versante “live”, invece, sperimenterò ancora format di concerto “aumentato”, come, ad esempio, il progetto multimediale dedicato a Dante: lo stesso Dante apparirà sul palco e declamerà alcuni canti della Divina Commedia, in alternanza alle mie esecuzioni dal vivo (in acustico, naturalmente) di musiche di Liszt ispirate a Dante. E non trascurerò TeoTronico, con il quale porterò in tour il progetto teatrale “Ci Sarà Una Volta”, con la regia di Clemente Pernarella e la partecipazione di Valentina Lo Surdo. Si tratta di uno spettacolo concepito per avvicinare alla musica anche i giovanissimi: nel 2071, in un mondo ormai popolato da robot, io sono l'unico musicista umano superstite e cerco di perpetuare l'integrità della musica, spiegandola alle nuove generazioni e cercando di preservarla dallo strapotere dei robot.