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La musica pianistica di Luigi Dallapiccola (2003)

Luigi Dallapiccola ha dedicato al pianoforte una parte non molto ampia della propria produzione (già di per sé non estesa), avendo scritto soltanto tre composizioni per pianoforte solo. Ciò potrebbe sorprendere, essendo lui un pianista estremamente raffinato, che affiancava all’attività compositiva una intensa e continuativa militanza concertistica, soprattutto in duo col violinista Sandro Materassi.  L’esiguità del corpus pianistico di Dallapiccola, dunque, non è affatto dovuta ad una scarsa familiarità con la tastiera, ma anzi, probabilmente, ad una tendenza al perfezionismo e ad un severo atteggiamento autocritico, nonché ai noti problemi di storicizzazione del pianoforte.

 

La Sonatina canonica, del 1943, è la prima delle sue tre opere per pianoforte solo. Interamente costruita su temi tratti dai capricci di Paganini, essa rappresenta la versione contrappuntistica del virtuosismo paganiniano. Dallapiccola, infatti, sovrappone in canoni (di qui l’aggettivo “canonica”) i temi dei vari capricci, trattandoli con le tecniche dell'inversione e della retrogradazione, tipiche peraltro della coeva scuola di Vienna. Mentre, però, Schoenberg e Webern usano queste tecniche con materiale atonale dodecafonico, Dallapiccola le applica a temi ottocenteschi, che mantengono totalmente le loro tradizionali peculiarità armoniche. La Sonatina Canonica è composta da quattro movimenti.

Il primo è in forma ABA: la prima sezione (A) utilizza il tema delle prime 24 battute del capriccio n. 20: con esso Dallapiccola costruisce un canone per aumentazione, sovrapponendo la melodia originale del capriccio alla stessa melodia con valori raddoppiati. Il colore strumentale è particolarmente suggestivo e richiama la tinta sfumata dei suoni armonici violinistici. La parte centrale (B) di questo movimento è invece basato sul capriccio n. 13, detto "La risata" e presenta raffinati procedimenti canonici, uniti ad una scrittura poliritmica.

Il secondo movimento è basato unicamente sul capriccio n. 19 di Paganini, di cui è mantenuta la struttura ABA. Dallapiccola ne stravolge, però, le proporzioni, ampliando notevolmente la parte introduttiva A, e usando una scrittura ricca di salti e sfasamenti ritmici. 

Il terzo movimento elabora le prime otto battute del capriccio n. 11 di Paganini, sovrapposte perfino in un canon cancrizans, ottenuto accostando la versione retrograda del tema a quella originale.  

L'ultimo movimento, bipartito, è costruito prevalentemente sul capriccio n. 14 di Paganini, ma sono presenti anche altri due capricci, che appaiono fugacemente per arricchire il senso di sottile allusività del divertimento pianistico. Si tratta del n. 9, “la caccia”, che appare alla fine della prima metà del brano e del n. 17, che compare nel punto corrispondente della seconda metà, ossia alle ultime battute, chiudendo  ironicamente la composizione con i suoi guizzanti arabeschi.

 

Dallapiccola scrisse i Tre Episodi dal balletto Marsia nel 1949, sei anni dopo la pubblicazione della sua omonima partitura sinfonica composta per le coreografie di Aurelio Milloss. Non si tratta, però, di una semplice trascrizione: qui, infatti, Dallapiccola cerca di sperimentare nuove sonorità pianistiche in rapporto con la tavolozza timbrica della sua versione orchestrale. 

Il  primo episodio, Angoscioso, corrisponde nel testo del balletto alla gara di danza del fauno Marsia contro il Dio Apollo: una sfida impossibile, già persa in partenza. Il brano si apre con aspre dissonanze, sparse in tutti i registri della tastiera: è la grandezza di Apollo, che, adirato per l’onta subita dal povero fauno, lo incita al confronto nella danza. L’angosciosa incertezza di Marsia, il contrasto tra il suo orgoglio e la consapevolezza del fallimento esaltano il clima di tensione che precede la paurosa sfida. 

Il secondo episodio è un Ostinato, che assume un significato centrale dal punto di vista drammaturgico. Si tratta della febbrile ricerca di Marsia dell’esaltazione fisica e spirituale mediante l’arte della danza, espressa con un tesissimo moto costante di crome. Unico momento di interruzione di questa estatica danza è il Poco Moderato al centro del brano, che rappresenta un momento di trascendenza spirituale raggiunta attraverso l’eccitazione artistica. Solo qui in questo episodio compare una serie dodecafonica, evidentemente utilizzata a fini espressivi, per alludere ad un mondo diverso, in cui i criteri logici e razionali appaiono del tutto mutati rispetto alla realtà precedente. Dopo pochi istanti di sospensione, riprende il moto sfrenato, che si conclude in un’efficace successione accordale che sfrutta appieno le potenzialità dinamiche della tastiera.

Il terzo ed ultimo episodio, Sereno, descrive la morte di Marsia. Non una morte drammatica, non sentimenti di disperazione, ma una profonda, composta, accettazione del fato. Così si spiega il sottotitolo Sereno: perché il destino viene accolto con animo quieto, seppure sconvolto dagli accadimenti. Ritroviamo la serie dodecafonica apparsa nel precedente movimento, che qui assume però toni di rassegnata mestizia. Gli accordi in pianissimo vagano nel tessuto armonico sostenuto con il pedale, creando fantasmi di politonalità, e infine dissolvendosi in un indefinito, ineffabile diminuendo.

 

L’ultima opera per pianoforte di Dallapiccola, che riveste una straordinaria importanza storica nella produzione pianistica del Novecento, è il Quaderno Musicale di Annalibera, composto nel 1952 e dedicato “alla figlia Annalibera nel giorno del suo ottavo compleanno”. Ciononostante, il Quaderno di Annalibera è tutt’altro che un’opera per l’infanzia e certamente è da escludere l’intento pedagogico, nonostante il titolo alluda alla raccolta didattica "Quaderno di Anna Magdalena" composta da J. S. Bach. Ci sono comunque diversi rimandi al grande compositore tedesco, a partire dalla citazione critpica del nome BACH nel primo brano (non a caso intitolato Simbolo), in cui è evidenziato più volte (seppur ad altezze diverse) l’insieme intervallare corrispondente alle note si bemolle, la, do, si. Dallapiccola esprime il suo altissimo artigianato contrappuntistico applicando al proprio Quaderno (unico caso nella sua esigua produzione pianistica) la tecnica dodecafonica in maniera sistematica ed unitaria. Interessante notare l’accuratezza con cui Dallapiccola prescrive (nell’edizione a stampa della versione definitiva del 1953) la disposizione grafica dei singoli movimenti per un eventuale programma di sala:

 

Simbolo

Accenti, Contrapunctus primus 

Linea, Contrapunctus secundus 

Fregi, Andantino amoroso e Contrapunctus tertius 

Ritmi, Colore, Ombre, 

Quartina

 

Da questo schema è facile dedurre la struttura generale del polittico: i due brani estremi hanno una chiara importanza formale, e non a caso sono di durata maggiore rispetto agli altri e presentano una maggiore complessità musicale. Dopo Simbolo,  seguono tre gruppi di due brani ciascuno, in cui spicca la presenza di tre Contrapunctus (denominati con il numerale ordinale latino): essi costituiscono i punti salienti di questo percorso musicale, e dimostrano l’eccelsa qualità dell’artigianato contrappuntistico di Dallapiccola, sempre posto a servizio di una sincera e profonda espressione musicale. Ogni brano è indissolubilmente legato agli altri, e collocato in una posizione che deve essere stata attentamente calcolata, per salvaguardare l’equilibrio sonoro e formale dell’ascolto. Il risultato è di grande bellezza e poesia: una dimostrazione di come anche la musica dodecafonica possa essere lirica ed espressiva, con contenuti emotivi di profonda verità.

 

Roberto Prosseda