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Pensieri brevi
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Come studiare – 3: Programmare lo sguardo
La gestione dello sguardo è uno degli automatismi mentali che si possono curare e affinare durante lo studio quotidiano. Una delle principali cause di errori durante l'esecuzione, infatti, è legata proprio alla mancanza di uno sguardo consapevole e ben “programmato”: vice versa, difficilmente sbaglieremo una nota se prima di suonarla guarderemo la zona della tastiera in cui andremo a suonarla. Ciò vale per il pianoforte, ma il concetto può essere applicato, con i dovuti adattamenti, anche agli strumenti ad arco.
I passaggi pianistici più ostici sono, infatti, quelli in cui entrambe le mani sono impegnate contemporaneamente in salti o in figurazioni che richiedono spostamenti ampi, in cui è utile agevolare la mano a posizionarsi al meglio sui tasti, con l'aiuto dello sguardo. Nei casi (peraltro non frequenti) in cui non ci è possibile coprire con il campo visivo entrambe le zone della tastiera, può essere utile usare la memoria fotografica. Guardando qualche istante prima una zona della tastiera, infatti, e scattando idealmente una fotografia di quella zona, potremo “salvarla” nella nostra memoria per qualche secondo, e ci sarà di grande aiuto per il passaggio successivo che suoneremo in quella zona, quando non saremo in grado di guardarvi in tempo reale.
Un esercizio per sviluppare questa tecnica consiste nel guardare una zona della tastiera in cui dobbiamo suonare un passaggio ostico (ad esempio, con un ampio salto), poi chiudere gli occhi e suonare quel passaggio ad occhi chiusi: una volta acquisita questa tecnica, riusciremo a visualizzare la tastiera nella nostra mente, richiamando alla memoria la “fotografia” che abbiamo “scattato” qualche istante prima.
Programmare lo sguardo significa anche scegliere di non guardare la tastiera quando non necessario: spesso proprio alzando lo sguardo dalla tastiera ci consente di ampliare il nostro orizzonte visivo, e ciò può influire positivamente sul respiro della frase musicale. Anche ciudere gli occhi, specialmente in alcuni momenti di particolare introspezione, o al termine di frasi sfumate, può aiutarci a trovare la giusta concentrazione sul suono. Del resto, si suona e si ascolta anche con gli occhi.
Roberto Prosseda