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Sulla performance musicale

Come studiare - 1: ogni dito al suo postoCome studiare - 2: Lasciare che le note suonino da sé (3/2016)Come studiare - 3: Programmare lo sguardo (4/2016)Come studiare - 4: Ascoltarsi da lontano (4/2016)Come studiare - 5: Musica e scioglilingua: forma e suddivisione delle frasiCome studiare - 6: Il navigatoreCome studiare - 7: La memoria delle emozioniCome studiare - 8: "Direttori della propria orchestra"Professionismo e arte (2/2016)Martin Berkofsky e le motivazioni del far musica (2/2016)La memoria al bivio (12/2015)Come affrontare il pubblico? (12/2015)Immaginare il suono (11/2015)Come affrontare un master class? (10/2015)C'è un grande artista dentro ogni studenteElogio dell'errore (9/2015)La forza delle idee (2/2015)Il concerto visto dal palcoscenico Considerazioni sul timbro pianistico (6/2004)

Come studiare - 2: Lasciare che le note suonino da sé (3/2016)

A proposito dello studio quotidiano del musicista, nel precedente articolo ho parlato dell'acquisizione del controllo completo di ciò che facciamo mentalmente e fisicamente durante l'esecuzione. Questa può essere la prima fase della preparazione di un'esecuzione. Una volta raggiunto un sufficiente automatismo in questo senso, anche nello studio possiamo iniziare a “lasciarci andare”, senza però abbandonare un continuo ascolto dei risultati della nostra esecuzione. Per “lasciarci andare” intendo un approccio vigile, ma allo stesso tempo non invasivo, rispetto all'esecuzione fisica del brano. Possiamo lasciare che le nostre mani, senza alcuna forzatura, suonino seguendo esattamente la musica che ci scorre dentro: quasi che stessero rispondendo non alla nostra volontà, ma alla musica stessa, e che noi fossimo contemporaneamente interpreti ed ascoltatori di tutto ciò.

È utile, per raggiungere questo approccio, pensare alla musica come qualcosa che accade a prescindere dalle nostre azioni: noi non dobbiamo fare altro che “lasciarla uscire” dallo strumento, e le nostre dita e la nostra mente non devono opporre alcuna resistenza. Le tipiche resistenze che potremmo involontariamente esercitare riguardano inconsapevoli tensioni muscolari alle spalle, all'addome, ma anche nelle dita dei piedi e nella mandibola: molti muscoli spesso si contraggono, specie quando siamo emotivamente tesi, fuori dal nostro controllo. Se anche nello studio stiamo attenti a mantenere un continuo e consapevole stato di rilassatezza muscolare, riusciremo a “memorizzare” questo stato e più facilmente potremo riproporlo anche in una situazione di maggiore stress.

Un altro tipo di resistenza riguarda anche i nostri pensieri: se durante un concerto pensiamo, ad esempio, che potremmo sbagliare quel passaggio che stiamo per suonare, ciò certamente non aiuta un'esecuzione rilassata e naturale. Lo scorrere dei pensieri, come anche la gestione dello sguardo e l'attenzione verso uno specifico dettaglio musicale sono tutti elementi che possono essere controllati e ordinati, in modo da renderli più funzionali alla riuscita di un'esecuzione, riducendo i rischi di incidenti e aumentando la nostra tranquillità e consapevolezza sul palco. Viceversa, può essere utile abituarci, anche nella fase di studio avanzata (ossia quando abbiamo acquisito tutti gli automatismi necessari), a provare un'esecuzione pensando a tutt'altro: vagare con le mente, e, addirittura, tenerla occupata in altre attività esterne alla musica che stiamo eseguendo (come, ad esempio, ruotare il collo o respirare profondamente) può paradossalmente rendere l'esecuzione più libera e spontanea, in quanto disattiva delle potenziali interferenze della nostra mente con gli automatismi che abbiamo acquisito nella precedente fase di studio.   
 
Qualcuno potrà obiettare: ma in tal modo non si perde la concentrazione? Mentre suoniamo un brano, non dovremmo concentrarci sulla musica, anziché divagare su altri pensieri? La risposta è “ni”: la nostra mente è ben più complessa e capace di quanto si possa pensare, e, come avviene nei sistemi operativi dei moderni computer, più attività e più pensieri avvengono contemporaneamente, molti dei quali in “background”: e spesso, quando abbiamo acquisito tutti i necessari automatismi, se l'esecuzione musicale è “emessa” in background, ci verrà più facile avvicinarla ulteriormente al nostro più profondo sentire artistico.

Roberto Prosseda