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Musica e società

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Agenti di se stessi

Per molti musicisti emergenti, “avere un agente” può sembrare l’inizio di una fase ideale della carriera, in cui ci si può dedicare esclusivamente alla ricerca artistica, delegando un professionista del settore a tutto ciò che riguarda gli ingaggi, la programmazione dei concerti e tutti gli aspetti più materiali della propria attività. Nella vita reale, però, le cose vanno diversamente. Anche le migliori agenzie, infatti, non possono sostituirsi all’inventiva e alla spinta progettuale che solo l’artista stesso è in grado di fornire alla propria attività. Del resto, è sacrosanto che ogni musicista possa decidere liberamente su come orientare la propria carriera, svincolato da prescrizioni esterne che rischiano di snaturarlo. Com’e ovvio, inoltre, spesso le agenzie tendono a lavorare per musicisti che sono già molto noti e “in carriera”, per i quali è più facile trovare ingaggi, oltretutto con maggiori margini di guadagno. Ciò è assolutamente logico e anche giusto: sarebbe infatti fuori luogo cercare negli agenti professionisti figure simili ad “angeli custodi”, che con totale abnegazione e disinteresse per il business si dedichino alla promozione di giovani artisti ancora non conosciuti.

Quali sono, dunque, le alternative ad una tradizionale agenzia artistica, per i musicisti che intendano svolgere un’attività concertistica professionale? Indubbiamente, una delle priorità è essere ben coscienti della propria identità artistica e dei propri obiettivi. Chi siamo? Perché abbiamo scelto di fare i musicisti? A chi vogliamo rivolgerci come musicisti? Perché un direttore artistico dovrebbe scegliere noi piuttosto che altri? Una sana e severa “autodiagnosi” dei propri mezzi, dei propri punti di forza e dei propri limiti è quindi un buon punto di partenza su cui basare le proprie scelte. Nessun musicista è realmente completo: osservando le carriere di grandi pianisti o violinisti, ad esempio, si nota come spesso essi siano stati capaci di forgiare il loro repertorio e, di conseguenza, la loro immagine, facendo leva sui loro pregi, ed evitando musiche che mettessero troppo in evidenza i punti deboli.

Un altro aspetto di grande importanza riguarda la comunicazione del messaggio che vogliamo esprimere attraverso le nostre esecuzioni. Oggi la comunicazione inizia ben prima della nota iniziale di un concerto: tutti gli aspetti “pubblici” della nostra attività contribuiscono, infatti, ad esprimere un aspetto della nostra personalità. La presenza su internet, non solo attraverso il sito ufficiale, ma anche su Youtube, Spotify e sulle pagine Facebook e degli altri Social Media, può avere una influenza sul pubblico molto maggiore di quanto si pensi, ed è certamente destinata ad aumentare nei prossimi anni. I rapporti con il pubblico (compreso quello che ci segue a nostra insaputa, come spesso capita grazie ai social media) sono indubbiamente importanti per divulgare i messaggi, anche non strettamente musicali, che sono collegati con la nostra attività. Tutto il materiale che un artista produce, dal curriculum alle fotografie, concorre a costruire un’immagine, e spesso questa rischia di non collimare con quella che lo stesso artista vorrebbe esprimere, qualora non vi sia una cura adeguata. Il ruolo di agente è quindi sempre più interconnesso con quello di PR o ufficio stampa.

Tutti questi aspetti rientrano in quello che potremmo definire “self-management”, e raramente un agente tradizionale potrà prendersene cura. Eppure, anche da essi dipende la carriera e l’attività concertistica di un musicista. Del resto, sempre più spesso i direttori artistici e gli organizzatori di eventi musicali ingaggiano musicisti che hanno conosciuto grazie a internet, magari ascoltando per caso una loro interpretazione su Youtube, e il fascino di una scoperta fatta in autonomia è per loro molto più gratificante di una delle tante proposte concertistiche che ogni giorno invadono le loro caselle di posta, e che forse non avranno mai il tempo di leggere con attenzione.


Roberto Prosseda