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Le Sonate n. 7 – 12, composte tra il 1777 e il 1780 circa, segnano una significativa evoluzione rispetto alle precedenti: l’universo espressivo mozartiano acquista ora molte nuove sfaccettature, raggiungendo nella Sonata K 310 abissi drammatici di una intensità e cupezza finora inaudita. Anche nelle altre Sonate, apparentemente più “leggere”, troviamo una infinità di atteggiamenti espressivi che non erano mai apparsi prima con simile naturalezza e varietà di inflessioni. Tuttavia, Mozart riesce sempre a mantenere un mirabile equilibrio tra serio e faceto, gioco e dramma, con una costante originalità nella gestione delle forme.
Lo strumento usato in questa incisione è il medesimo della precedente (Sonate 1 – 6), ossia un gran coda Fazioli F 278 accordato con il temperamento inequabile Vallotti, nell’intenzione di restituire una sonorità che possa rievocare la trasparenza e la vitalità del timbro dei fortepiani dell’epoca. Nelle rare parti in cui Mozart scrive pp (pianissimo), è stato utilizzato il sordino, un dispositivo di solito azionato da un pedale, già presente nei fortepiani dell’epoca. Si tratta di un sottile feltro, posizionato tra i martelli e le corde, che restituisce una sonorità più ovattata ed intima. La parte centrale in fa minore e la coda del secondo movimento della Sonata K 330, ad esempio, mi sono parsi particolarmente adatti all’uso di questo effetto.
Grande attenzione è stata data al rispetto delle articolazioni e delle dinamiche originali, anche nei casi in cui esse sono indicate nella prima edizione, e non nel manoscritto. Sappiamo, peraltro, che Mozart era molto esigente nella revisione della prima edizione e che aggiungeva segni dinamici mancanti nel manoscritto, che, come è giusto, pretendeva fossero rispettati con grande precisione. Nella sua lettera da Mannheim del 14 novembre scrive al padre a proposito della Sonata K 309. “L'Andante è molto espressivo e va suonato con accuratezza, con l'esatta dinamica di forte e piano, esattamente come sono indicate sulla partitura.” Solo nel caso della Sonata K 331 è stata data la priorità al manoscritto: il suo ritrovamento nel 2014 a Budapest ha consentito di correggere alcuni errori del copista nel primo e secondo movimento, come specificato nelle immagini qui riportate, gentilmente concesse dalla Biblioteca Nazionale Széchényi di Budapest, dove è attualmente conservato il manoscritto.
L’intenzione di avvicinarsi il più possibile al cuore poetico delle Sonate di Mozart mi ha spinto ad una lettura che lasci spazio anche alla freschezza inventiva e alla gioia di suonare ispirata da queste musiche. Nei ritornelli, qui quasi sempre eseguiti, ho introdotto delle minime varianti, seguendo gli esempi offerti dallo stesso Mozart nelle Sonate in cui di sua mano scrive gli abbellimenti per esteso. Sono presenti, come nella precedente incisione, brevi momenti cadenzali improvvisati negli snodi e nelle sospensioni, nell’idea di restituire anche l’entusiasmo e l’estro che certamente caratterizzavano le esecuzioni dello stesso Mozart.
Roberto Prosseda