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"IL PIANOFORTE". Edizioni Curci, 2013. Collana "Lezioni private"
Autore: Roberto PROSSEDA
Prefazione di Ennio Morricone
Codice: EC 11697
€ 19,00
http://www.edizionicurci.it/printed-music/minisito_autore.asp?id=837
Isaac Albéniz (1860-1909)
Albéniz ha saputo tradurre in musica l’identità della cultura iberica: è riuscito ad assimilare e metabolizzare il patrimonio musicale della tradizione folclorica spagnola, filtrandolo attraverso la sua peculiare sensibilità. Sin da piccolo Albéniz ebbe occasione di viaggiare frequentemente all’estero, tenendo concerti pianistici come enfant prodige a New York, Cuba, Londra, Parigi. Studiò anche a Lipsia e Bruxelles: la sua formazione fu quindi molto articolata e cosmopolita e ciò si riflette nella ricchezza e complessità del suo linguaggio. Albéniz era un grande pianista, in grado di evocare alla tastiera profumi, suoni e colori della sua terra natia, focalizzando uno stile parzialmente influenzato da Debussy e Ravel, eppure assolutamente personale e sincero. La sua produzione per pianoforte è molto vasta e percorre tutto l’arco artistico dell’autore. I lavori giovanili già mostrano l’attitudine ad attingere ad elementi musicali e paesaggistici della Spagna per farli rivivere in “cartoline musicali” dal sapore nostalgico ed evocativo. È questo il caso delle due Suites Españolas, in cui anche i titoli dei singoli movimenti rimandano ad espliciti riferimenti geografici a regioni o città spagnole, come Granada, Sevilla, Cataluña, Asturias, Castilla. La prima Suite, composta tra il 1886 e il 1889, è apparsa nella sua versione definitiva solo nel 1912, dopo la morte dell’autore. La scrittura pianistica è qui ancora legata alla tradizione romantica e rimanda agli ambienti salottieri in cui il giovane compositore era solito esibirsi da adolescente. Nel 1890 Albéniz lascia la Spagna per trasferirsi a Londra e poi a Parigi, guardando quindi alla sua patria con maggior distacco e disincanto. Con il progressivo abbandono del concertismo, da bozzettista egli si trasforma in poeta e filosofo. La frequentazione di Fauré e Chausson e la conoscenza della musica di Debussy e Ravel lo aiutano ad arricchire la propria poetica di ulteriori colori e nuances, e ciò risulta evidente se si confronta Iberia (1905-1908) con i suoi lavori precedenti. Iberia è un vasto ciclo pianistico composto da dodici brani, raccolti in quattro libri. La scrittura è qui di grande virtuosismo e complessità e ricchissima invenzioni timbriche. In Evocación, il primo brano del ciclo, la distanza tra l’autore e la “sua” Spagna è non solo geografica, ma anche temporale: egli rimanda a suggestioni antiche, irreali, vivibili solo in uno sfumato, nostalgico ricordo. Evocación non si riferisce ad una specifica regione spagnola, ma, con l’uso di ritmi di danza appartenenti a diverse aree iberiche (fandango, malagueña, jota) sembra voler abbracciare insieme l’identità dell’intera patria. El Puerto rievoca l’atmosfera movimentata e pulsante del porto di Santa Maria, vicino Cadice, con ritmi di Zapateado (danza tradizionale in 6/8) e tinte vivaci. El Corpus en Sevilla è ispirato alla colorita festa del Corpus Domini, di cui descrive la tradizionale processione, accompagnata da lontani rintocchi di campane e chitarre flamenco. Rondeña è un canto tipico della città di Ronda, qui liberamente reinterpretato da Albéniz; in Almeria affiorano tracce di siguiriyas, un particolare tipo di ritmo flamenco; il secondo libro si chiude con Triana, che rimanda all’omonimo quartiere gitano di Siviglia, animato dai suoni flamenco di chitarre, nacchere e battiti di mani, con danze Sevillanas e marce di toreri. El Albaicin è invece il quartiere gitano di Granada, e anche qui percepiamo la presenza di chitarre, il cui timbro è evocato con la peculiare gestualità delle mani alternate. Il clima malinconico e fatalistico è dato dalle armonie cromatiche e dalla presenza costante di un motivo ritmico ostinato. El Polo è un canto flamenco che qui dà vita ad una pulsazione ritmica ancora incessante e ossessiva. Lavapies, caratteristico quartiere povero di Madrid, presenta continue dissonanze che rendono la debordante confusione delle sue strade con un ritmo di habanera. Il quarto e ultimo libro comprende Malaga, Jerez e Eritaña. Il primo brano è basato sulla danza tipica di Malaga, la Malagueña; Jerez evoca le atmosfere dell’omonima città dell’Andalusia con insoliti cambiamenti di ritmo che accentuano la precaria malinconia del canto. Il ciclo si chiude con le pungenti dissonanze di Eritaña, ambientato a Siviglia, nella festosa locanda flamenco Venta Eritaña. Nonostante gli accurati riferimenti al patrimonio folclorico iberico, in Iberia la Spagna è evocata solo nel ricordo, nel sogno, nell’intima idealizzazione di un mondo ormai lontano dal reale. Forse per questo la musica di Albéniz è diventata un simbolo d’identità nazionale per gli spagnoli: perché qui possono riscoprire un mondo di suggestioni antiche e idealizzate che appartiene alla loro storia e che non sarebbe altrimenti rievocabile.