Nel suonare il pianoforte, svolgiamo contemporaneamente un lavoro di analisi e di sintesi: siamo tenuti a gestire tutti i dettagli dell'esecuzione, le singole voci, i singoli timbri, e al contempo dobbiamo sapere creare il giusto impasto tra le varie linee, dare il senso globale della frase, avere una visione completa dello sviluppo della composizione.
Tutto ciò coincide con il lavoro del direttore d'orchestra, il quale, rispetto ai pianisti, deve però rivolgersi ad altri musicisti (gli strumentisti dell'orchestra): nel nostro caso, invece, l'orchestra coincide con il direttore. Dobbiamo “dirigere” noi stessi, come se ogni dito fosse uno strumentista dell'orchestra. È quindi utile pensare di sdoppiarci nel doppio ruolo di “direttore” e di “orchestra pianistica”: altrimenti, rischiamo di essere un'orchestra che suona...senza direttore.
Mi spiego meglio: le intenzioni musicali e i dettagli della nostra interpretazione devono essere estremamente a fuoco nella nostra mente (e nel nostro cuore: parliamo soprattutto di intenzioni emotive), e vanno pensate ben prima del momento in cui le eseguiamo alla tastiera.
Del resto, quando un direttore sale sul podio per la prima prova con l’orchestra, ha già studiato a fondo la partitura e ha definito la sua interpretazione nei dettagli, in modo da dare subito chiare indicazioni agli orchestrali. Ugualmente, lo studio al pianoforte è la fase successiva allo studio della partitura, che può avvenire anche prima di mettere le mani sulla tastiera. Se ciò non accade, l'esecuzione potrebbe mancare di chiarezza, o essere troppo generica nelle scelte espressive.
Non deve succedere, quindi, che l'orchestra prevalga sul direttore, o che le ragioni puramente tecniche o pratiche (un salto difficile, o un vezzo dovuto ad abitudini pregresse) condizionino negativamente l'esecuzione.
Un esempio tipico: prima dell'entrata della voce principale sull'accompagnamento, si tende ad aspettare. Ciò avviene perché il “direttore ideale” che è in noi non ha dato l'attacco con il giusto anticipo: esattamente come accade quando un direttore mediocre non dà l'attacco ad un oboe o ad un clarinetto che ha il tema, e lo strumentista entra in ritardo. È quindi molto importante avere lo sguardo del direttore d'orchestra durante l'esecuzione: “pregustare” ogni entrata di un nuovo tema o di una nuova voce, preparandola con il giusto anticipo mentale, e “dando l'attacco” al relativo dito, ossia immaginando in anticipo il tipo di suono che vogliamo ottenere per quella voce, e il relativo gesto tecnico.
Quando saremo abituati a pensare la musica in questo modo, scopriremo come essa suonerà più spontanea e “vera”, e alcuni passaggi che ci sembravano difficili o musicalmente macchinosi ci appariranno immediatamente più semplici e naturali. Ciò ci porterà a vedere la musica dall'alto, a guardare più avanti, e ad essere maggiormente consapevoli nella conduzione della frase.