Sono diversi i festival e i progetti concertistici che uniscono la degustazione di vino all'ascolto della musica. E, in effetti, le due cose hanno molto in comune, al punto che si possono facilmente invertire i termini: degustare la musica, ascoltare il vino.
Del resto, degustare un vino pregiato è un atto di profonda concentrazione. Ogni istante assume una precisa connotazione emotiva. La scansione del tempo si trasforma. Le note floreali o tanniche di un gran vino emergono in un graduale percorso temporale: il “tempo di ascolto” di una degustazione non è così diverso da quello di un capolavoro musicale. Anche assistere ad un concerto dal vivo richiede un’analoga attenzione a minimi dettagli, che pure possono trasformare l’ascolto in un’esperienza interiore di grande intensità e gratificazione. E anche i suoni hanno i loro sapori e retrogusti, corrispondenti alle diverse risonanze e alchimie timbriche che vengono diffuse dai musicisti.
Recentemente mi è capitato di tenere un recital presso le Cantine Jermann (www.jermann.it), nell'ambito del festival EnoArmonie. Durante l'ascolto del concerto, il pubblico degustava tre assaggi di altrettanti vini Jermann, a cui ho pensato di coordinare altrettanti ascolti di Mendelssohn, scelti secondo l'età: si è iniziato con un vino bianco giovane, accostato alla musica del Mendelssohn adolescente, per giungere ad un rosso più corposo, abbinato ai brani più maturi e intensi del compositore amburghese. Il risultato è stato sorprendentemente positivo: gli ascoltatori, stimolati anche dal punto di vista gustativo e olfattivo, sembravano più pronti a cogliere le minime sfumature del pianoforte, parallelamente all' “ascolto” dei vini e del loro cangiante decantare.
In sintesi, grazie a ciò si è pervenuti ad una percezione maggiormente condivisa, e il fatto di trovarsi al di fuori delle consuetudini rituali di una tipica sala da concerto ha consentito a tutti, me compreso, di acquisire una più libera disposizione all'ascolto.
In base alla mia esperienza, posso testimoniare che i concerti più ispirati di cui ho memoria, ossia quelli in cui percepivo una speciale tensione emotiva tra interprete e pubblico, sono in stati quasi sempre concerti “privati”, tenuti in stanze di antichi palazzi, per un pubblico di alcune decine di persone. Quasi tutta la musica da camera, del resto, è stata scritta per essere suonata in simili contesti. E proprio nel silenzio e nel calore di un salone antico, o, perché no, di una cantina vinicola, possono emergere sfumature, respiri, allusioni che difficilmente un ascoltatore potrà cogliere in un grande auditorium moderno con la medesima intensità.
Roberto Prosseda