Note interpretative per il CD "Mozart Piano Sonatas, Volume 1 - Decca, 2016
C'è davvero bisogno di una ennesima incisione delle Sonate di Mozart? È ancora possibile dire qualcosa di nuovo suonando queste composizioni, rimanendo nel rispetto della partitura e delle indicazioni dell'autore? Se Mozart tornasse a vivere oggi, preferirebbe eseguire le sue Sonate su un fortepiano dell'epoca o su un pianoforte moderno?
Sono interrogativi a cui non è possibile dare una risposta univoca, ma su cui ho riflettuto molto, approfittando anche della disponibilità delle fonti e di molti studi filologici recenti. Nella citata lettera al padre, scritta il 17 ottobre 1777, Mozart dichiara il suo entusiasmo a proposito di un nuovo pianoforte Stein che aveva provato, dotato di un rudimentale sistema per azionare gli smorzatori (corrispondente al pedale di destra negli strumenti moderni): “La [Sonata] in Re maggiore ha un effetto incomparabile sul pianoforte Stein. Il sistema di pedale a ginocchiera è superiore a qualsiasi altro realizzato da lui o da altri. Basta sfiorarlo e si aziona, e appena si rilascia leggermente il ginocchio, non si sente più il minimo riverbero”. Ciò dimostra la curiosità di Mozart verso le innovazioni, e la sua prontezza a sperimentare strumenti che consentono una maggiore varietà espressiva.
Oggi è possibile consultare i manoscritti delle prime sei Sonate, attualmente conservati presso la Biblioteka Jagiellońska di Cracovia, e vi sono varie edizioni critiche che confrontano il manoscritto con le prime edizioni pubblicate. Osservando le partiture, si è colpiti dalla grande quantità di segni di articolazione originali, che non troveremo con questa abbondanza nelle Sonate successive. Ho quindi cercato di seguire con attenzione le legature e le dinamiche originali, anche nei casi in cui la tradizione ci ha abituato a sonorità più morbide e a contorni più smussati. Proprio dalle legature e dai vari tipi di staccato (chiodi o punti) si può dedurre il tipo di “pronuncia” di una frase musicale che Mozart aveva immaginato. Anche i segni dinamici, qui apparentemente limitati a forte e piano (rari i crescendo e decrescendo, e rarissimi i pianissimo), svelano un mondo poetico dove i contrasti sono fondamentali per la definizione di una adeguata varietà espressiva.
Per restituire al meglio queste intenzioni, avevo bisogno di uno strumento particolarmente sensibile e con una sonorità diversa dal consueto suono “patinato” del pianoforte moderno. Ho quindi valutato di incidere le Sonate su fortepiani dell'epoca di Mozart, provando vari strumenti storici e alcune copie recenti. La pratica con il fortepiano è stata per me di grande importanza: ho potuto scoprire sonorità e modi espressivi che mi hanno consentito di entrare più a fondo nel mondo mozartiano e di arricchire la mia immaginazione timbrica. Tuttavia, ho dovuto prendere atto che la mia “lingua madre” rimane il pianoforte moderno, strumento che suono da quasi 40 anni, e con il quale riesco ad esprimere con immediatezza una maggiore varietà di intenzioni musicali.
Ho così deciso di utilizzare un pianoforte gran coda Fazioli costruito nel 2015, generosamente messo a disposizione dall'ingegner Paolo Fazioli presso la Fazioli Concert Hall di Sacile. La raffinatissima meccanica di questo strumento e la sensibilità della tavola armonica, particolarmente reattiva alle differenze di tocco, consentono di ottenere molte sfumature di colore, rendendo con chiarezza le diverse articolazioni. È inoltre possibile giocare con le microdinamiche anche in contesti di estrema rapidità, come all'interno dei trilli o dei gruppetti, e si possono efficacemente realizzare le indicazioni originali di Forte-Piano, ossia di un improvviso sbalzo dinamico all'interno di una nota tenuta. L'idea di ricreare la trasparenza della sonorità fortepianistica mi ha portato a ridurre al minimo l'uso del pedale di risonanza e a cercare sonorità al limite con il silenzio nei rari casi in cui Mozart indica pianissimo.
Il particolare colore delle incisioni su fortepiano è dato anche dall'accordatura storica, che non usa il temperamento equabile. Raccogliendo il suggerimento degli amici Jan Willem de Vriend e Stuart Isacoff, a cui sono molto grato per i preziosi consigli, ho proposto alla Fazioli di accordare il pianoforte secondo il temperamento non equabile “Vallotti”, oggi decisamente inusuale sul pianoforte moderno, ma molto diffuso negli anni in cui Mozart ha composto queste Sonate. La differenza rispetto alla comune accordatura moderna sta nel diverso colore che ogni tonalità acquisisce, per via della divisione dell'ottava in dodici semitoni non uguali. Così ogni Sonata ha un carattere del tutto peculiare, e si comprende perché Mozart abbia ambientato alcuni movimenti in una determinata tonalità. Ad esempio, il Fa minore dell'Adagio della Sonata K 280 assume qui un tono decisamente affranto, non genericamente malinconico. E quando, dopo l'inciso iniziale, si passa alla sezione in la bemolle maggiore, questa suona in modo più precario e illusorio, suggerendo l'idea di una felicità solo immaginata, ben lontana dalla realtà.
Nelle transizioni da una tonalità all'altra, sia che esse avvengano bruscamente o in modo graduale, è così molto più facile cogliere lo spostamento da un luogo armonico (ed emotivo) all'altro in modo molto più coinvolgente. Le armonie dissonanti suonano più stridenti e “dolorose”, enfatizzando la potenza drammatica e visionaria che già in queste prime Sonate è presente, e che le rendono, a distanza di quasi 250 anni, musica di grande forza e modernità.
Roberto Prosseda