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Sull'ascolto della musica

I colori del suono Musica e spazio Ascoltare il tempo Ascoltare con gli occhi Degustare la musica, ascoltare il vino Accordature d'epoca La musica come educazione all'ascolto degli altri La musica classica nell'età dell'interruzione La consapevolezza delle proprie emozioni Slow listening - degustare la musica Liberi di ascoltare, liberi di giudicare?

Ascoltare con gli occhi

 

La musica classica, e in particolar modo quella da camera, è sempre stata connotata da un certo grado di astrazione, quasi fosse indipendente da ogni aspetto legato all'immagine. Del resto, per definizione la musica strumentale (esclusa quella per il cinema o per il teatro) sembrerebbe svincolata dalla vista, essendo costituita da suoni che vengono percepiti dall'udito in maniera del tutto autonoma da stimoli visivi. Eppure tutti i musicisti sanno bene che ogni suono porta con sé un'immagine: magari non concreta, soggettiva, indefinita, ma pur sempre parte integrante del messaggio musicale. Anche l'ascoltatore è influenzato da ciò che vede durante un concerto, ed è facile appurare che, con diverse condizioni di luce e di campo visivo, la percezione del medesimo brano musicale sarà diversa.

Stupisce, quindi, che ancora oggi nei concerti di musica classica l'aspetto visivo sia spesso considerato secondario, se non addirittura trascurabile. I musicisti, spesso maniacalmente attenti alle minime sfumature timbriche della loro interpretazione, di solito non si curano di ciò che il pubblico vede di loro e della cornice visiva nella quale la loro performance prende vita. Ben lungi dal volere incoraggiare una prevalenza dell'immagine sul contenuto, questo pensiero punta, però, a far luce sull'importanza del rapporto tra messaggio sonoro e contenuto visivo. La cura di questo aspetto non è necessariamente a discapito del contenuto musicale, ma, semmai, lo può valorizzare più efficacemente.

Un esempio lampante in tal senso è quello del grande pianista russo Sviatoslav Richter. Negli ultimi anni della sua carriera, Richter scelse di suonare non più a memoria, ma con lo spartito sul leggio del pianoforte. Le sue prescrizioni in termini di illuminazione della scena erano molto precise e peculiari: pochissima luce sul pubblico in sala e una piccola lampada da tavolo poggiata sul pianoforte, ad illuminare lo spartito, più che il pianista. Ho personalmente assistito a tre dei concerti di Richter, e, a distanza di 25 anni, ne ho un ricordo ancora vivido, e, oserei dire, fotografico.

E il grado di ascetismo di quelle interpretazioni mi è rimasto impresso anche grazie al contesto visivo a cui erano abbinate. La musica si ascolta anche con gli occhi.

 

Roberto Prosseda