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Recensioni immaginarie (2007)

Recensioni immaginarie sul CD Decca "Chopin" di Roberto Prosseda.

 

1. Critico italiano musicologo e letterato, grande firma.

L'impaginato della presente incisione dischiude una filigranata vaporosità fraseologica, inseguendo i lingueggianti riflessi delle armonie translucide che increspano l'ordito polifonico dell'impianto formale chopiniano.

Purtuttavia, si avverte la mancata percezione dell'ambiguità complessiva del costrutto emozionale, e il divagare tra adombramenti subitanei e le folgoranti accensioni dinamiche sconfina in perturbamenti interiori cui non corrisponde un'adeguata evocazione della visionarietà del tutto, esaltandone in tal modo la sola bellezza fenomenica.

L'immagine (illusoria ma fascinosa) che ne deriva come conseguenziale filiazione allude, peraltro, a paesaggi di immediata presa acusmatico-fisiologica, consentendo una vivificazione dell'aspetto meramente declamatorio della retorica romantica, ma, d'altro canto, irrimediabilmente sacrificandone la pur imprescindibile incisività metrica che funge da struttura portante all'apparato plastico dell'impianto tonale.

In sintesi, si apprezza il dipanarsi agogico nell'arco del disegno lineare, il quale avrebbe però meritato un maggiormente pregnante e vigile sostegno drammaturgico mediante una più intensa gestione del tracciato formale.

 

2. Critico italiano di paese  (notare gli errori redazionali: spaziatura, punteggiatura, etc)

Che dire di questo cD?E' la prova della grandezza del Genio di Chopin, che tante donne ha commosso nel passati 200 anni in tutto il mondo.Certo ,lo sapevamo che la musica di Chopin fa' piangere, ma non sapevamo che anche Prosseda fosse in grado di farci piangere , certo, grazie a Chopin, siamo d'accordo... Personalmente mi è piaciuto il primo pezzo, che rievoca le notti al chiaro di luna quando una leggera brezza accarezza i capelli della donna amata, regalandoci momenti di dolcezza infinita. Peccato però che il pezzo duri solo 4 minuti e mezzo . Nei brani più veloci Prosseda mostra che le sue dita sanno anche correre come cavalli di razza, e che le sue braccia sanno essere possenti e colpire la tastiera come colpi di scure fatalmente sicuri. Nei brani più sognanti, invece,Prosseda pare sfiorare i tasti quasi come le sue dita fossero battiti d'ali di farfalla, tanto è delicato e impalpabile.

Bella anche la foto in copertina, molto romantica, dove però non si capisce se Prosseda sta cercando qualcosa che ha perso accanto al pianoforte.Insomma, un bel cd, compratelo!

 

3. Critico specializzato in storia dell'interpretazione pianistica 

E' apprezzabile che Prosseda intraveda una componente drammaturgica in Chopin, tuttavia la resa teatrale in termini di gestione agogica del fraseggio funzionale alla spettacolarizzazione del risultato esecutivo pare ancora lontana da una reale efficacia dell'interazione dito-braccio-respiro-ascolto. Del resto anche la gestione metapianistica degli strati sonori comporta una carenza nella drammatizzazione delle linee, e oltretutto Prosseda non fa capire all'ascoltatore che il raggiungimento del climax della quarta ballata avviene in corrispondenza della sua sezione aurea. Per di più, egli impiega 2' e 23'' per eseguire la coda, contro i 2.02 di Zimerman, i 1.56 di Kissin e 1.49 di Volodos, piazzandosi al di fuori del podio per velocità massima. Anche la dinamica oscilla tra i -19 e -0.4 dB, con una gamma di soli 15.6 dB, inferiore a quella di Pollini, Cortot e Richter. Buono invece il risultato dello studio op. 10 n. 12, 2.43, che gli consente di anticipare di 2 secondi Richter, che però rimane imbattuto quando alla velocità dei salti della mano destra a battuta 2 e 4 (0.02 contro i 0.03 di Prosseda).

La paletta timbrica è nel complesso sufficiente, anche se non sfrutta nè il rumore delle unghie, nè quello dei pedali, collocandosi pertanto tra gli approcci meno innovativi. Troppo poco, nel complesso, per un giovane che affronta Chopin nel 2007.

 

4. Critico di musica leggera (rivista di alta fedeltà).

Anche Chopin può essere cool, se ne percepisce il beat energico, sensuale e la calda vena vocale che emerge dal piano di Prosseda. A mio gusto un poco più di bassi avrebbero reso la timbrica più avvolgente, ottima anche per un ascolto in auto, specie con un subwoofer da 200 W bypassato tramite crossover a 3 vie. Comunque la dinamica non è troppo compressa e il suono digitale dei 24 bit del convertitore dona una speciale poesia al fraseggio. La ricchezza timbrica nel mio ascolto è dovuta all'ottimo ampli con finale valvolare a interlacciamento coassiale accoppiato a un pre a stato solido e controllo idraulico della testata. Il clima incantato che si crea nei momenti più delicati è invece dovuto ai cavi idropneumatici a intreccio toroidale, che rendono più cristallina l'articolazione delle frasi. La musicalità generale è donata dai diffusori elettrostatici ibridi a membrane spiraliformi, i quali aggiungono una poesia di profondo riverbero specie se accostati ad un Lexicon 960L.

 

5. Critico musicologo, antropologo e sociologo politicamente impegnato.

In questi tempi di vacche magre, di ingiustizie sociali, di non casuali dimenticanze storiche, di censure non dichiarate, assistiamo – inermi ma attoniti – al superfluo proliferare di incisioni dedite ad autori sin troppo celebrati, in primis, non a caso, Chopin, in realtà musicista che nei suoi appunti per un metodo pianistico predicava l’importanza della disuguaglianza delle dita, della libertà di ognuna di sviluppare un suono diverso. Principi, invero, contrari al comune buon senso civico, e latori di gravi conseguenze al sistema sociale, giacché queste affermazioni sono l’origine di numerosi fraintendimenti interpretativi inclini a futili sentimentalismi, ad ingiuste priorità nel trattamento della trama polifonica, a cui viene, ingiustamente appunto, negata la naturale, indispensabile equalitarietà delle linee, come in realtà oggi spesso avviene nella degradata società mercantilistica capitalistica.

Ne è una prova, né la prima né l’ultima invero, il disco di Prosseda, interprete che ci aveva illusi con le precedenti incisioni di Dallapiccola e Aldo Clementi di essere in realtà meno soggetto a cadere in simili tentazioni di facile presa sulle masse in balia del cosiddetto “marketing” mediatico, ma in realtà siamo appunto costretti a constatare che non solo le scelte del Prosseda sono state dettate da una vigile-scaltra-cinica mente commerciale che evidentemente si cela tra i suoi consiglieri o in lui stesso, ma che anche la sua lettura di queste abusate, esili pagine del più femmineo Chopin accusa un intento destrutturalizzante che mina l’originale, autentica oggettività del linguaggio esaltandone in realtà le pecche maggiori: un futile, edonistico melodizzare, un diseguale trattamento delle voci, una pseudolibertà agogica che è indice appunto di potenziale rischio sociale poiché potrebbe indurre le masse ad una disgregazione del senso di appartenenza alla comunità aprendo la via a perigliose iniziative del singolo o finanche a recriminazioni antidemocratiche.

Salvo che si individui l’unica via sana e illuminata di redimere le falle della poetica chopiniana, quella del vero Interprete moderno: Colui che sa cogliere la suprema uguaglianza delle linee, l’assoluta oggettività dell’afflato musicale, la stentorea magniloquenza dell’architettura cancellando, se ancora ve ne fosse necessità, ogni sotterraneo tentativo di espressività soggettiva o di libertà formale, giacché in realtà la Musica, quella Vera, è una grande espressione della società ideale, di cui noi conosciamo e difendiamo i supremi fondamenti prima della definitiva, irreversibile estinzione.

 

6. Critico erudito e ben documentato.

Nella lettera del 3 dicembre 1839 che Chopin scriveva a Tadeusz Skrowacheswki in procinto di comporre la trentaquattresima delle sue mazurke (se si escludono le op. posth KK-XIa-ter e quater, la cui autenticità non è invero mai stata scientificamente provata) è riscontrabile una macchia d’inchiostro sulla parola “nostalgya”, segno che la penna ha inconsciamente calcato sul termine che evidentemente costituisce la prova della centralità poetica del sentimento di struggimento causato dalla lontananza dalla Patria. Evidentemente Prosseda conosce questo dettaglio tutt’altro che marginale, come del resto risulta all’ascolto del cd. Nondimeno, chi ha letto le lettere di Liszt a Marie d’Agoult, in particolare quelle dell’estate 1838, non può dimenticare l’aneddoto della candela: la cui fiammella, dapprima spenta, andò in autocombustione durante l’esecuzione di Liszt dello studio op. 10 n. 12 di Chopin. E, dalla celebre lettera di Chopin a Hiller del 20 giugno 1833, sappiamo che anche Chopin invidiava al suo collega il modo di eseguire i propri studi. Ora, ci si chiede, sarebbe Prosseda in grado di far accendere una candela con la sua esecuzione dello studio op. 10 n. 12? Temo che la risposta sia no, e da ciò si desume che la sua lettura non è sufficientemente a fulmicotone come invece Chopin (per il tramite di Liszt) esigeva.

Nel celeberrimo Prélude op. 28 n. 15, noto come “la Goccia” in virtù della lettera di Gorge Sand, che narra le inquiete notti del suo amante a Valldemossa, in cui per l’appunto una ossessiva goccia, a seguito di una pioggia, scandiva il passare delle ore,  Prosseda riesce effettivamente a render il senso di costante sgocciolamento di cui la Sand parla, ma non considera il fatto che se la goccia era dovuta ad una pioggia ormai terminata, dovrebbe essere in continuo rallentamento, cosa che non è abbastanza evidente nella sua esecuzione.

In conclusione, di questo CD si apprezza il generale approccio nostalgico, ma che non è adeguatamente supportato da un’approfondita conoscenza bibliografica da parte dell’interprete.

 

7. Giornalista moderno, concreto e imprenditoriale.

Finalmente un CD con musiche che tutti noi conosciamo. Il pubblico va rispettato e seguito, ha voglia di divertirsi e di godere la classica, affidata ad interpreti giovani, rampanti e di bell’aspetto. Notiamo con piacere che Prosseda ha smesso di indossare le vesti di pianista-musicologo intellettuale un po’ snob, per finalmente dedicarsi alla musica romantica, quella che tutti hanno voglia di ascoltare. Il suo approccio comunica emozioni, ed è per questo che convince. Quando ascoltiamo la caduta di Varsavia, vediamo effettivamente le macerie dei palazzi in fiamme, il sangue dei militari disperati, il cruento scontro delle artiglierie. Il valzer del Minuto è invece, al limite del falso, durando un minuto e 59 secondi, ma è una licenza che abboniamo volentieri a Prosseda, che peraltro ci regala un CD di 78 minuti, con un ottimo rapporto prezzo/minuto di soli 26 Eurocents per minuto.  

Un’ultima considerazione: Prosseda ha vinto il terzo premio al Casagrande. Perché, dunque, non offrire la possibilità di incidere anche a chi ha avuto il secondo e il primo premio? La meritocrazia non è un’opinione.

 

8. Critico-pianista, nostalgico e anticommerciale.

Chopin canta. Incanta, incantatore, non ricambiato. Eppur soffrìva - Incantatore porta pena - ma il pianoforte, s(‘)offriva? E, dopo tutto, chi può (poteva, tantomeno potrà) suonare Chopin? Poteva forse Rubinstein? O, addirittura, Cortot? Forse poteva tentarci il grande Pianista Russo, o il Polacco (il vero Polacco, Ignàz il Grande, non certo il Presidente…), almeno in un nottùrno. E gli altri? Gli altri notturni, chi li ha veraménte suonati? Forse il pianista di Odessa, o il misconosciuto di Odéssa (a dir il vero, lui, sì, era il più Grànde, e non solo a Odessa, ma anche a Lòndra).

I profèti chopiniani sono tànti, ma possiamo credere alle autoproclamaziòni? O dar fede alle Leggènde? C’è differenza tra Leggenda e Mito. Ma Chopin non ha bisogno né dell’una, né dell’altro. Mito muto, leggenda illeggenda, (ché forse qualcuno sa realmente lèggere Chopin?), bisogna pur ascoltare qualche disco. Ma, ci si chiederà, Prosseda suona almeno come Michelangeli? O, per lo meno, un po’ meglio di Ashkenzay? Pianista-filosofo o pianista-diplomatico, da qui a Chopin il percorso è lungo (ma non, forse, del tutto vano). In Italia chi suona Chopin? Dico, senza perdere del tutto la sua poesia? Ma nessuno Bacchetti Prosseda, per l’amor di Dio! Il sangue non è forse blu, ma un briciolo di verità, verità mediata, se vogliamo, tramandata da ben altre incisioni, potrebbe anche esser sopravvissuto. Qui lo dico, qui lo nego.