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Accordature d'epoca

L’accordatura del pianoforte è oggi globalmente standardizzata e si basa sul temperamento equabile, ossia sulla divisione in dodici parti uguali dell’ottava. Eppure nell’epoca di Haydn e Mozart questo tipo di accordatura non era ancora adoperata, e al suo posto erano diffusi altri sistemi di divisione dell’ottava, basati su intervalli asimmetrici: si tratta di accordature dette “ben temperate”, in quanto prevedevano dei “temperamenti” degli intervalli per poter suonare in diverse tonalità, ma senza troppo snaturare la purezza degli intervalli naturali: questi sistemi, infatti, si basano sull’accordatura di alcune quinte “pure”, temperando altri intervalli con aggiustamenti di frazioni di comma. L’argomento è vasto e complesso, ma vale la pena di considerarlo, poiché ogni diverso tipo di accordatura comporta grandi differenze anche all’ascolto.

Il temperamento equabile, diffusosi gradualmente nell’Ottocento, ha l’innegabile vantaggio di rendere tutte le tonalità ugualmente accordate: il suo uso ha consentito l’evoluzione delle armonie complesse, fino alla dissoluzione del sistema tonale con la musica atonale e dodecafonica. Ma, se consideriamo il repertorio barocco e classico, può essere molto interessante ascoltarlo con le accordature che i compositori dell’epoca usavano: ad esempio, la musica di Bach per tastiera suona meravigliosamente con i sistemi ben temperati ma non equabili, come quello detto “Werkmeister III”, mentre i brani pianistici di Mozart acquistano una più ricca espressività con l’accordatura “Vallotti”, che prende il nome dal suo inventore, Francesco Antonio Vallotti. Si tratta di un’accordatura ben temperata, con sei quinte naturali pure e altre sei temperate. In effetti, le sonate di Mozart sono tutte in tonalità con poche alterazioni, e la maggior parte sono in do, fa e si bemolle maggiore, quindi particolarmente compatibili con questa accordatura. Il vantaggio rispetto alla consueta accordatura moderna è dato dal fatto che ogni tonalità acquisisce un colore diverso, e le tonalità con poche alterazioni suonano molto meglio, più ricche di armonici e più “calde”. Si comprende in tal modo perché Mozart sceglie il fa minore per esprimere stati d’animo di profonda tristezza, e il re maggiore per atmosfere giocose e solari. Ogni tonalità corrisponde ad un luogo dell’anima ben caratterizzato, e le modulazioni assumono quindi una forza drammatica particolarmente coinvolgente.

Per maggiori approfondimenti sull’evoluzione dei temperamenti e sulla loro influenza sulla musica e la cultura occidentale consiglio il bellissimo libro di Stuart Isacoff: “Temperamenti – Storia di un enigma musicale”, pubblicato in italiano da EdT.

 

Roberto Prosseda